Nomadi digitali: opportunità per l’Italia

Nomadismo digitale e rinascita dei territori

“Il lavoro da remoto consente di recidere l’unità tra lavoro e luogo. Di conseguenza, lo sviluppo demografico oggi non è più connesso solo alla dimensione produttiva”.

Con queste parole, Luisa Corazza, professoressa ordinaria di Diritto del lavoro presso l’Università degli studi del Molise, e direttrice del Centro di ricerca per le aree interne e gli Appennini, anticipava – su Il Sole 24 ore il 26 ottobre 2023 – il concetto di ‘despazializzazione del lavoro’ al fine di consentire un ripensamento delle dimensioni dell’abitare in termini innovativi.

Concetto ripreso nel Terzo Report dell’Associazione Italiana Nomadi Digitali, e che apre questa conversazione con il presidente dell’associazione, Alberto Mattei:

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Come presidente dell’Associazione italiana nomadi digitali – spiega – sono profondamente convinto che oggi ci troviamo di fronte a una rivoluzione che è anche un’occasione storica per immaginare nuovi modi di vivere, lavorare e abitare in una dimensione comunitaria e rigenerativa le aree rurali e interne del nostro Paese”.

Il 4° Rapporto su nomadismo digitale in Italia, in uscita nell’autunno del 2025 e che sarà presentato durante il Vivere di Turismo Festival di Rimini, non è solo uno studio di ricerca. 

“È un grido d’amore – dice Mattei – verso quei territori dimenticati che oggi lottano contro l’oblio. È un documento strategico che rivela come il lavoro da remoto e il nomadismo digitale possano diventare una leva strategica per rivitalizzare economicamente e socialmente le aree interne e rurali del paese”. “In questi anni – prosegue – abbiamo osservato come il lavoro da remoto abbia trasformato la nostra relazione con lo spazio, con il tempo, con l’abitare”. “Ogni un piccolo comune marginalizzato – sintetizza – può diventare un laboratorio di innovazione e di futuro”. 

Cosa possiamo dire, dunque, dei nomadi digitali in questa ottica, presidente?

“I nomadi digitali – riferisce anticipando alcuni aspetti inseriti nel rapporto 2025 – non sono turisti di passaggio. Sono portatori di valore, innovazione, nuove economie e relazioni”. 

Perché questo report è diverso? 

“Perché – risponde – raccoglie il punto di vista di chi quei territori li abita, li sogna, li rigenera, non solo da dietro una scrivania, ma con il cuore e nelle mani sul campo. Abbiamo analizzato migliaia di dati, collaborato con l’Università Ca’ Foscari, e dialogato con esperti nazionali e internazionali. Il risultato è un documento vivo, che mette insieme numeri e visioni, idee e concretezza”. 

Il nomadismo digitale è un movimento globale

Non è più un fenomeno di nicchia riservato a pochi pionieri, ma un movimento globale in crescita costante e inclusivo. Il nomadismo digitale è in grado di far emergere interesse per territori dimenticati dal turismo di massa per un semplice motivo: i lavoratori che viaggiano e che abitano per un tempo i territori, cercano autenticità, relazione con le persone dei luoghi, quiete e benessere lontano dallo stress dei centri urbani e il depauperamento delle relazioni umane. 

Queste persone, in breve, stanno attuando una rivoluzione culturale silenziosa, secondo l’osservatorio presieduto da Mattei. “Questa rivoluzione – spiega – riguarda il senso di appartenenza, lavoro e comunità”. “Un piccolo spoiler – sorride Mattei – Se oggi possiamo lavorare ovunque, domani potremo anche vivere meglio, ovunque. E questo ovunque potrebbe essere proprio un piccolo comune dell’entroterra, una valle dimenticata o un paese in cerca di nuova vita”. 

Quanti sono i nomadi digitali? 

Secondo l’Osservatorio Smart working, in Italia, le stime per il 2024 parlavano di 3,65 milioni di persone; mentre i lavoratori autonomi che lavorano abitualmente da remoto, in Europa sono il 36% (fonte Eurofound). 

Ma il dato interessante (report 2023), a proposito di esigenze abitative, è che il 14% dei lavoratori da remoto – sempre secondo l’Osservatorio Smart working – ha deciso di cambiare casa, preferendo spesso zone periferiche o piccole città, alla ricerca di uno stile di vita diverso. Addirittura, secondo la Cornell University, se il lavoro da remoto diventasse la norma, contribuirebbe a ridurre del 58% le emissioni di gas serra dovute agli spostamenti e al pendolarismo dei lavoratori. 

Il futuro (possibile) dell’accoglienza

In questo panorama, il concetto di ospitalità si amplia e si adegua a quello di abitare; i viaggiatori sono (anche) persone che scelgono di vivere uno spazio che non è solo residenziale, ma multifunzionale. 

L’Italia, oggi, ha un petrolio nascosto da estrarre in questo senso, dal momento che sempre più americani scelgono il Belpaese come mèta di viaggio e sempre più aziende americane puntano sul nostro territorio. 

Tra i dati interessanti (del report) su cui riflettere, infatti, ci sono il numero di lavoratori americani da remoto – che a fine 2023 erano oltre 17milioni – e il dato previsionale per i successivi 2-3 anni che rilevava il numero impressionante di altri 70milioni di americani che stavano pianificando di diventare nomadi digitali. La sorpresa (nemmeno così sorpresa, se si considerano i ritmi americani di lavoro-spostamenti-prestazioni) è che la percentuale di nomadi digitali dei più ‘anziani’ (rispetto ai GenZ e Millenial) è cresciuta del 42% nel 2023. 

Nel 2025, in particolare, con le tratte dirette da e per gli Stati Uniti, i viaggiatori in arrivo in Italia stanno crescendo sensibilmente. A giugno, secondo quanto rilevato dall’Enit, stando in tema di turismo, Regno Unito, Stati Uniti e Germania sono i principali mercati che scelgono l’Italia per trascorrere le vacanze: la richiesta del nostro paese cresce di quasi il 18%. 

Gli americani sono quasi l’11% del totale in arrivo, pari a circa 1,2milioni di persone. Per citare un altro dato previsionale: nel 2025 la percentuale degli americani che sceglierà l’Italia mostra un aumento significativo che supera quello di altre nazionalità. Le prenotazioni online mostrerebbero che il 21% delle sole camere d’albergo siano targate Usa (fonte Corriere della Sera). 

I limiti sotto i nostri occhi?

Le leggi. “L’Italia – riferisce Mattei – non ha ancora una bussola chiara per comprendere e accompagnare questo cambiamento.

 Il nostro 4° Rapporto (che sarà presentato al Vivere di Turismo Festival a Rimini, a novembre) denuncia i ritardi normativi italiani, ma propone soluzioni concrete; ed è anche un appello a istituzioni locali, imprenditori, cittadini. È tempo di passare all’azione, con politiche abitative, fiscali e infrastrutturali che non si limitino ad attrarre i nomadi digitali, ma li accolgano come alleati nella rigenerazione”, conclude. 

Un’opportunità da cogliere per l’ospitalità extralberghiera

Chi lavora nell’ospitalità extralberghiera – dai B&B agli affitti brevi – ha un’opportunità concreta: ampliare il proprio target di clientela includendo anche i nomadi digitali.

I dati mostrano chiaramente che sempre più lavoratori cercano case con spazi funzionali, connessione veloce, tranquillità e autenticità.

Attrezzare la propria struttura con piccole modifiche – una scrivania comoda, una zona lavoro, una comunicazione pensata per chi lavora da remoto – può fare una grande differenza.

Conosci nel video Alberto Mattei  e scopri cosa pensa del Vivere di Turismo Festival.

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