Fino a pochi anni fa, parlare di piccoli borghi italiani significava evocare immagini di luoghi isolati, con pochi servizi, popolazioni anziane e zero movida. Ma qualcosa è cambiato.
La pandemia ha agito come uno spartiacque: ha riacceso l’interesse verso quei territori silenziosi, autentici, lontani dal turismo di massa. Oggi, i borghi italiani sono più che mai “in hype” – come si dice nel linguaggio dei social – ovvero al centro di un crescente interesse. Airbnb conferma il trend: le prenotazioni nelle aree rurali italiane sono cresciute del +60% negli ultimi cinque anni.
Cosa intendiamo per “piccolo borgo”?
Parliamo di centri abitati con una popolazione molto ridotta (il più piccolo conta appena 31 abitanti e si trova in Lombardia). Questi luoghi, spesso dimenticati e soggetti allo spopolamento, conservano però una ricchezza inestimabile: storia, cultura, paesaggio, identità.
Non a caso, nel 2002 è nata l’associazione I Borghi più belli d’Italia, con l’obiettivo di valorizzare questi luoghi “che, forse grazie alla loro posizione periferica, hanno saputo proteggere e conservare la loro bellezza”.
Un turismo che fa bene (anche a chi accoglie)
Oggi cresce la domanda di esperienze a contatto con la natura, lente, sostenibili. Le persone cercano silenzio, benessere mentale, autenticità. Ed è qui che entra in gioco il turismo rurale: una forma di ospitalità che valorizza territori minori e connette chi viaggia con la vita reale delle comunità locali.
Da non confondere con l’agriturismo (che è un’attività agricola con ospitalità annessa), il turismo rurale è un’attività commerciale vera e propria, che spesso coinvolge oltre agli agriturismi, anche host o property manager che hanno scelto di vivere e lavorare in zone rurali.
Cosa ci accomuna? L’approccio sostenibile: cibo a km zero, esperienze autentiche, contatto diretto con il territorio.
Cammini, cicloturismo, parchi, trenini storici, feste di paese: tutto può diventare parte di un’offerta che va oltre il semplice “soggiorno”. Il turismo rurale non è solo dormire in campagna. È vivere un ritmo diverso e offrire la possibilità di riscoprire un’Italia nascosta, ma vibrante.
Il valore strategico per chi accoglie
Il turismo rurale è disciplinato dalla legge 26/1996, ma ogni regione ha le sue specificità. Per chi lavora nell’accoglienza, conoscerle è fondamentale per sviluppare un’offerta coerente e conforme.
E soprattutto, è un’opportunità per distinguersi.
La voce degli esperti
Durante l’edizione 2024 del Vivere di Turismo Festival, Fausto Faggioli – presidente di Albatros Rete e Earth Academy – ha parlato proprio di questo:
“Il turismo rurale è un’opportunità per un mercato che oggi ci sta cercando a livello mondiale, ma l’Italia è ancora debole. Oggi si vende un territorio: le sfide che abbiamo davanti sono tra sistemi, non come una volta tra prodotti o tra aziende. Il territorio è il punto di riferimento: le persone si muovono per motivazione e noi dobbiamo creare la motivazione per portarle nei territori rurali”.
💡 In sintesi: il turismo rurale non è un ritorno al passato, ma un salto nel futuro. Un futuro fatto di relazioni, paesaggi e accoglienza autentica.
📽️ Conosci nel video Fausto Faggioli scopri cosa pensa del Vivere di Turismo Festival.

