Se pensi al Sulcis, la prima parola che spontaneamente colleghi è miniera.
Porto Flavia, Iglesias, Buggerru, Carbonia, Montevecchio: tutte località in cui l’archeologia industriale è (ancora) presente e disegna uno stridente connubio tra la bellezza eclatante del paesaggio e la durezza dello scenario produttivo dismesso ma mai smaltito.
La miniera di Porto Flavia, per esempio, guarda Pan di Zucchero, il faraglione nell’insenatura di Masua; oppure la miniera di San Giovanni, a Iglesias, scavata a fine Ottocento sull’onda impattante della Rivoluzione industriale inglese, come uno scrigno, nasconde la straordinaria magnificenza della Grotta di Santa Barbara. Oppure, ancora, la Galleria Henry, a Buggerru, si affaccia sulla falesia a strapiombo sul mare. Così, come le altre miniere citate. La storia moderna di questa terra si lega alle sue rocce antichissime e al passato minerario: una volta dismesso, lo scenario industriale ne conserva la memoria, ma l’interruzione produttiva ha svuotato il territorio e le aspettative di sviluppo legate a quegli insediamenti.

Oggi il Sulcis può rifiorire grazie all’amore del suo popolo e alla sua resilienza. “Non è tutto perduto, ce la possiamo fare”, commenta Simona Zanda, una quarantenne sarda che ha scelto di tornare nella sua terra (dopo aver studiato e lavorato fuori). Suo marito, egiziano di nascita e sardo d’adozione, si occupa di ospitalità ed è a capo di Yamar, una società di property management. “Abbiamo cominciato con 3 appartamenti – riferisce Simona – e oggi siamo a 26 annunci al terzo anno di attività”.
Nel cuore batte il Sulcis
“La mia – racconta Simona ai nostri microfoni – è la classica storia di chi nasce in una terra un po’ dimenticata, oppure orfana di un insediamento produttivo, e sceglie di emigrare per studiare e per cercare una strada altrove. La mia famiglia ha origini barbaricine doc e ha vissuto gli anni d’oro del Sulcis: mio padre infatti, dopo venti anni di servizio pubblico, scelse la strada dell’imprenditoria, ma a me questa terra stava un po’ stretta. Così decisi di trasferirmi a Urbino per studiare psicologia, dopo la laurea sono seguiti master e corsi anche a San Marino e l’attività lavorativa a Bologna. Quella, in particolare, fu la fase in cui cominciai ad avvertire sensibilmente il precariato come modus operandi nel mondo del lavoro e, non lo nego, mi è salita un po’ l’ansia. Così, dopo circa 10 anni, decisi di tornare a casa, ma gli alti e bassi dovuti all’instabilità, mi hanno spinta a rimettermi a studiare aprendo il periodo dei concorsi pubblici, vincendone uno. Il desiderio di viaggiare però, è rimasto costante. E dall’amore per i viaggi è nato l’amore per l’ospitalità e l’ispirazione per l’accoglienza turistica”.
Da un viaggio alla professione: l’ispirazione

“Per me – racconta Simona – è stato un colpo di fulmine il viaggio in Asia. Lì sono rimasta piacevolmente colpita e sorpresa dal modo di accogliere gli ospiti, un modo a cui noi occidentali non siamo ancora abituati. Era il 2013, allora, e il settore extralberghiero era già molto avanti e molto organizzato. Fioriva su un’economia ramificata: meno professionale ma sicuramente organizzata a livello sociale. Per intenderci: chi affitta una casa ti offre anche il servizio noleggio, la visita guidata, l’escursione in barca, l’esperienza gastronomica, senza che tu debba girare a vuoto per trovare esperienze.
Non solo in Asia ho trovato questo modus operandi local, ma anche in Kenya ed Egitto: puntano su un’economia del villaggio con l’offerta integrata di micro-servizi. Questo è quello che metto a fuoco oggi dopo aver vissuto l’esperienza in prima persona. Nel 2015, infatti, ho cominciato a occuparmi della casa di famiglia, a sperimentare a Porto Pino per tastare il territorio e il mercato”.
“La svolta della vita – prosegue Simona – è arrivata proprio in Egitto. Io e mio marito siamo stati casualmente ospiti in una struttura nella città di El Cairo. Lì ho avuto modo di notare prima di tutto i servizi a disposizione degli ospiti e poi scoprire l’organizzazione tipica del property management. Mi hanno colpito l’home staging, i comfort e la vista panoramica! Raggiungere la location è stato faticoso e complesso, ma dormire di fronte alle Piramidi di Giza ci ha fatto dimenticare in un attimo il disagio. Effetto Wow! assicurato. Questo particolare infatti, insieme ai servizi annessi, ha stimolato la creatività e quello che è accaduto poi dopo”.
Azione: si ricomincia dal Sulcis
“Quando – prosegue Simona nel racconto – mio marito si è trasferito in Italia definitivamente nel 2020, all’inizio le difficoltà legate inevitabilmente alla lingua hanno un po’ limitato l’impegno lavorativo, poi però, il lavoro stagionale presso un chiosco al mare gli hanno consentito di esprimere la sua grande attitudine per l’ospitalità e la padronanza linguistica (soprattutto dell’inglese).
Da lì, il corso di formazione di Vivere di Turismo ha cambiato la nostra vita. Nel 2023 abbiamo costituito una srl di property management e siamo partiti con 3 appartamenti. Il primo anno è stato molto impegnativo, oggi siamo al terzo anno di attività e siamo attivi con 26 annunci.
Scegliere il Sulcis tuttavia, ha rappresentato un impegno notevole, soprattutto perché quando abbiamo cominciato non esistevano facilities locali, altri imprenditori, cioè, che si occupassero di servizi collegati all’accoglienza, come lavaggio della biancheria o il servizio di housekeeping. È su questo, infatti, che ho basato la mia crociata nel coinvolgerli. Non esistevano lavanderie specializzate per il cambio biancheria, per esempio.
Oggi, Michele (un giovane imprenditore di Carbonia, nda), di una famiglia che gestisce lavanderie a gettoni, sta riorganizzando la sua attività perché il lavoro è esploso. Ho poi stimolato aziende locali di pulizia a implementare il servizio di housekeeping turistico e favorire la formazione del personale (al fine di migliorare l’offerta). Ma manca ancora tanto. I kit di cortesia per esempio, li facciamo arrivare dalla Sicilia, i sistemi di sicurezza dalla Puglia”.
Una piccola rivoluzione in Sulcis
La strada dunque, è appena tracciata. Una piccola rivoluzione per Carbonia e per l’intera area del Sulcis Iglesiente è possibile. “La mentalità – conclude Simona – è quello con cui ci si deve scontrare perché non tutti hanno l’attitudine all’imprenditorialità. Però le risorse ci sono e tengo duro: il territorio è ricco di bellezza, può vivere di turismo, e qualcosa si sta muovendo”.

