Cosa ne faccio di questa casa? Il metodo Iconica per il turismo

“L’Italia – come ricorda Danilo Beltrante, fondatore di Vivere di Turismo – è il Paese dove il mondo sogna di andare in vacanza”, sottolineando che il 60% dell’ospitalità italiana è rappresentata dal settore extralberghiero. Tuttavia, lo stesso Beltrante chiarisce: “Non siamo solo posti letto”. E allora prendiamo in prestito questa riflessione del fondatore e ideatore della rassegna italiana per eccellenza dedicata al turismo extralberghiero, per provare a fare un ragionamento su uno dei fattori che concorrono al successo dell’accoglienza turistica: la casa. 

Cosa ne facciamo di questa casa?

La percentuale di famiglie proprietarie di immobili, in Italia, secondo il Censis si aggirerebbe intorno al 71%, corrispondente a una platea di circa 43 milioni di italiani. 

Gli immobili destinati dunque, ad accoglienza extralberghiera, nella precedente vita erano rimasti vuoti a causa delle dimensioni (magari troppo piccoli per essere abitati da famiglie), oppure per la localizzazione (piccoli borghi, periferie non servite, oppure centri storici), oppure ancora, per lo stato di conservazione. In ogni caso, trattandosi spesso di un secondo immobile (nella maggioranza dei casi ereditato), i costi prodotti non sono trascurabili: dalle tasse alle imposte comunali, alla manutenzione, alla sicurezza, ogni anno l’impegno economico non sarebbe altrettanto trascurabile. Cosa farne quindi? 

Abbiamo assistito, in questi ultimi anni, alla moltiplicazione delle opportunità di accoglienza ‘in house’, spesso sperimentata da proprietari prestati allo scopo, o persone in cerca di vocazione, così come in cerca di una seconda possibilità. Quelli che hanno scelto di dedicarsi all’ospitalità (profonda) hanno fatto riflessioni sulla loro casa e spesso si sono lasciati guidare da professionisti. 

“Nel mio lavoro di architetto – racconta ai nostri microfoni Ilaria Mari, fondatrice di Iconica studio – devo osservare, approfondire, ricercare l’anima di quella casa, soprattutto perché ogni casa è collocata in un contesto. E con quel contesto la casa deve dialogare, altrimenti manca di autenticità. In ogni incarico che ricevo, quindi, la domanda è sempre la stessa: come può la casa parlare col territorio?”. 

Per la serie, mai sentito parlare di cattedrali nel deserto? La cattedrale nel deserto è quella costruzione che sconta un’assenza di connessione con il contesto, con quello che è intorno. Se volessimo provare a disegnarne un profilo spirituale (giusto per restare in tema), potremmo dire che chi ha costruito quella cattedrale voleva esprimere la volontà di recidere un legame con quel luogo (dove luogo sta per il connubio territorio-persone).

“Scegliere di osare: meno detriti”

“Siamo uno studio di architettura – spiega Ilaria Mari – tutto al femminile, e non siamo architetti tradizionali: non ci limitiamo ad arredare o decorare, ma a mediare”. “Il nostro lavoro – prosegue – è quello di offrire al nostro interlocutore una casa che possa produrre un risultato economico, ma siamo sensibili all’autenticità, al dialogo col territorio, alla sostenibilità e all’impatto ambientale. Per questo siamo certe che ogni casa abbia in sé la sua storia da raccontare, nonostante l’imperfezione che può diventare l’elemento attraente. Il difetto – aggiunge – può essere un’opportunità”. 

“Quello che ripetiamo spesso ai proprietari di queste case, così come ai gestori – incalza – è che è necessario scegliere di osare: meno detriti e un risultato soddisfacente. Perché alla base della nostra idea progettuale c’è un’analisi di mercato incrociata con la diagnosi estetica: la casa deve essere autentica e portare valore a chi la abita, anche solo per un breve periodo. Questo è il metodo Iconica per il turismo”. 

Cittadini ospitali: uno stato di reciprocità

Il termine ‘ospite’ ci è stato lasciato in eredità dai latini, l’origine etimologica di ospite è hospes, e riflette un significato doppio: sulla stessa bilancia c’è chi accoglie e chi viene accolto. Da questo si evince il carattere di reciprocità che le figure condividevano: da una parte la premura di far percepire il calore (e non il disinteresse), dall’altra l’attenzione e il rispetto (e non lo sfruttamento). 

“I progetti di ristrutturazione di Iconica studio – sottolinea Ilaria Mari – puntano a far sentire il turista e il viaggiatore all’interno di un contesto iconico, memorabile, nel quale si sentiranno parte integrante perché in quel contesto ci scriveranno la loro storia temporanea, fatta di emozioni e ricordi”. “In questo – conclude – vi è reciprocità profonda perché entrambi, host e viaggiatore, avranno cura di quel luogo e della relazione instaurata nel periodo di accoglienza”. 

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