Chi è il village host? Intervista ad Andrea Paoletti

Come può una comunità – soprattutto piccola – sopravvivere alla desertificazione e allo spopolamento, e produrre lavoro e reddito senza dover fare la valigia per migrare? Un modo, professionale, ci sarebbe. Ne abbiamo parlato con Andrea Paoletti, fondatore del progetto Wonder Grottole, con il quale approfondiremo la figura del village host

Chi è il village host Andrea? Qual è il ruolo e come nasce?

Il village host è una figura professionale che si occupa di rigenerazione e animazione territoriale, con un focus specifico sui piccoli borghi e le aree interne. Non è un semplice animatore o una guida turistica, ma un vero e proprio “facilitatore” che aiuta a far emergere il potenziale di una comunità. Il suo ruolo è quello di connettere le persone, valorizzare le risorse locali e creare esperienze autentiche per chi visita, promuovendo al contempo il benessere della comunità residente. 

Il Village Host agisce anche come un presidio di tutela e valorizzazione dell’ecosistema rurale, favorendo uno sviluppo sostenibile. L’idea nasce dalla necessità di trovare nuove soluzioni per contrastare lo spopolamento e l’abbandono di questi luoghi. 

L’esperienza di Wonder Grottole ha dimostrato che un approccio basato sull’accoglienza e sulla partecipazione attiva può generare valore e attrarre nuove energie. Da qui, insieme a John Thackara, abbiamo coniato il termine e avviato un percorso per strutturare questa figura professionalmente.

In Italia dov’è possibile uno sviluppo di questa figura e perché?

L’Italia è il luogo ideale per lo sviluppo dei Village Hosts, perché abbiamo un patrimonio vastissimo di borghi e aree interne ricchi di storia, cultura e tradizioni, ma che lottano contro lo spopolamento. 

La figura del Village Host può essere la chiave per risvegliare questi luoghi, creando ponti tra il passato e il futuro. Il loro lavoro si inserisce perfettamente nel contesto del turismo di prossimità e del desiderio crescente di esperienze autentiche e sostenibili. Il Village Host agisce come un catalizzatore di energia dal basso, facilitando l’incontro tra idee e persone per creare progetti concreti. 

Nella Valle del Serrapotamo (Basilicata), per esempio, il Village Host è visto come un ruolo centrale per avviare processi di co-design con gli attori locali, inclusi agricoltori e società civile, per promuovere un modello di sviluppo inclusivo e non estrattivo.

In Italia il Village Host quale tipo di futuro potrebbe avere?

Il fenomeno del Village Host non è limitato all’Italia. L’idea di rigenerare le aree rurali attraverso l’accoglienza e la partecipazione è un fenomeno globale, e molti “practitioner” sono già attivi in Europa e nel mondo. Il nostro progetto ha preso spunto da queste esperienze, ma ha l’ambizione di strutturare la figura professionalmente. 

Il futuro del Village Host in Italia è promettente, ma richiede un percorso chiaro di professionalizzazione. L’obiettivo è ottenere il riconoscimento del ruolo professionale (ad esempio con un codice Ateco), far riconoscere la formazione erogata dalla nostra open school a livello nazionale e che almeno una Regione adotti legislativamente il modello, come si sta già muovendo la Valle del Serrapotamo e la Valle d’Aosta.

Fonte: relationaldesign.it

Come si sviluppa la formazione e poi la ‘carriera’ di village host, in Italia? Può essere un professionista o può essere legato a qualche realtà territoriale?

Il nostro obiettivo è proprio quello di rendere il Village Host una professione. Attraverso un bando Erasmus, tra il 2022 e il 2023, abbiamo creato il prototipo del corso di formazione insieme a 6 partner europei. I risultati sono stati immediati: abbiamo creato la prima open school per Village Hosts per 40 practitioners provenienti da Italia, Spagna, Ungheria, Serbia, Lettonia e Polonia. 

Abbiamo creato poi un’edizione speciale nella Valle del Serrapotamo, in Basilicata, a cui hanno partecipato 18 persone e ne stiamo per avviare una seconda nella Valle d’Aosta, ad Arvier, grazie al bando Borghi linea A. 

La carriera si sviluppa attraverso un percorso formativo strutturato che porta il professionista a operare in modo autonomo o in collaborazione con enti e realtà locali. La professionalizzazione in Italia passa necessariamente dal riconoscimento ufficiale del ruolo, dalla validazione del titolo di studio e dall’adozione del modello a livello regionale, per poi arrivare a un coordinamento nazionale che definisca una vera e propria politica di sviluppo territoriale.

Qual è il punto di forza che un village host deve avere?

Il punto di forza più importante di un Village Host è la sua profonda empatia e la capacità di ascoltare. Deve saper entrare in sintonia con la comunità locale, capire i bisogni e le storie delle persone e tradurli in progetti concreti. Non si tratta di imporre idee dall’esterno, ma di far emergere il potenziale già presente nel territorio. Altre qualità essenziali sono la creatività, la flessibilità e una grande capacità di problem solving, ma l’ascolto attivo e l’empatia sono il vero cuore del mestiere.

Per quali territori è maggiormente indicata la figura del village host?

La figura del Village Host è particolarmente indicata per i piccoli borghi e le aree interne che soffrono di spopolamento, mancanza di servizi e scarsa visibilità. Questi sono luoghi che non possono competere con le grandi città, ma che hanno un patrimonio umano e culturale straordinario da offrire. Il Village Host è la persona giusta per valorizzare queste peculiarità, trasformando le “difficoltà” in opportunità e rendendo questi luoghi attrattivi non solo per i turisti, ma anche per nuovi residenti. Il Village Host è un connettore di comunità e risorse, favorendo lo sviluppo del contesto ecologico e rurale.

Fonte: wondergrottole.ite

Lavora a stretto contatto con quali altre figure, in particolare?

Il Village Host lavora come un connettore. Lavora a stretto contatto con diverse figure, tra cui:

  • Le comunità locali: cittadini, artigiani, agricoltori, anziani che detengono la conoscenza e la memoria storica.
  • Le amministrazioni locali: sindaci, assessori e uffici comunali per coordinare le iniziative e ottenere supporto.
  • Le associazioni e i comitati: realtà già attive sul territorio con cui collaborare per massimizzare l’impatto.
  • Le imprese locali: ristoratori, albergatori, negozianti, per creare sinergie e offrire esperienze integrate.
  • I visitatori: turisti e potenziali nuovi residenti, per capire le loro esigenze e offrire un’accoglienza autentica.

Cosa si intende, esattamente, per animazione territoriale?

Per animazione territoriale si intende un processo dinamico che non si limita a organizzare eventi, ma mira a risvegliare l’energia e la creatività di una comunità. È un’azione che parte dal basso, che coinvolge attivamente le persone del posto e che si traduce in progetti duraturi nel tempo. L’obiettivo non è solo intrattenere, ma anche formare, includere e dare a tutti la possibilità di partecipare attivamente alla vita del proprio borgo. 

L’animazione territoriale fatta da un Village Host si concentra sulla valorizzazione delle risorse umane e culturali, creando un senso di appartenenza e orgoglio che rende il territorio vivo e vibrante. Questo processo è fondamentale per creare un modello replicabile di sviluppo inclusivo, non basato sull’estrazione di valore ma sulla sua rigenerazione e condivisione.

Quali sono i territori, in Italia, che attualmente stanno rispondendo positivamente a questo tipo di realtà?

Ci sono già diverse realtà in Italia che stanno dimostrando un grande interesse e hanno ottenuto risultati concreti. L’esperienza di Wonder Grottole è un caso di studio emblematico: un territorio spopolato è stato rilanciato e reso attrattivo, generando sviluppo economico in soli 7 anni. Nel 2024 nella Valle del Serrapotamo abbiamo formato 18 persone e due di esse da gennaio operano nei Comuni di Calvera e Carbone. Da settembre 2025 invece la Valle d’Aosta diventa un vero e proprio “laboratorio” dove formeremo nuovi Village Hosts. 

Questi luoghi sono accomunati dalla volontà di rigenerarsi e dalla consapevolezza che il futuro dei loro borghi passa attraverso l’innovazione sociale, la valorizzazione delle loro radici e, come abbiamo visto, dalla creazione di un movimento europeo di Village Host.

Fonte: wondergrottole.it

Cosa potrebbe generare questo approccio?

L’adozione di un modello basato sulle nuove regole che abbiamo definito crea una serie di effetti a catena che trasformano radicalmente il territorio e la sua comunità, generando un impatto profondo e multifattoriale.

  1. Arricchimento Culturale della Popolazione Locale: L’apertura mentale e la migliore propensione allo scambio favoriscono una nuova consapevolezza del valore del proprio territorio. I residenti, inclusi agricoltori e società civile, riscoprono il potenziale inespresso del loro contesto rurale. Questo scambio genera una nuova narrativa culturale, in cui il territorio non è più visto come marginale, ma come portatore di un modello di sviluppo unico. La collaborazione e le dinamiche di potere paritarie e generative creano un senso di appartenenza e orgoglio che arricchisce la vita sociale e culturale della comunità.
  2. Nuove Opportunità di Sviluppo del Territorio: La sinergia tra la comunità locale, l’imprenditoria rurale e il Village Host crea un ecosistema fertile per l’innovazione. La propensione al cambiamento dell’imprenditoria rurale porta alla creazione di nuovi prodotti, servizi ed esperienze basate su uno sviluppo inclusivo. Il valore generato rimane sul territorio e beneficia l’intera comunità. Questo è reso possibile anche grazie a legislazioni e politiche a supporto di una formazione orientata a questi nuovi modelli.


Ripopolamento e Valorizzazione dell’Ecosistema Naturale: I borghi e le aree rurali, resi più vivi, accoglienti e ricchi di opportunità, diventano luoghi desiderabili in cui vivere, favorendo l’attrattività verso nuovi residenti. Allo stesso tempo, il riconoscimento del Village Host come presidio di tutela e valorizzazione dell’ecosistema rurale garantisce che lo sviluppo economico avvenga in armonia con l’ambiente. La valorizzazione dell’ecosistema naturale diventa un obiettivo centrale, non un effetto collaterale, portando benefici sia ambientali che economici, come la promozione di un turismo sostenibile.

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